giovedì 31 maggio 2012

ANTONIO GRAMSCI: UN MARXISTA ITALIANO


GRAMSCI: UN MARXISTA ITALIANO
~ cenni di pensiero gramsciano ~
conferenza del 30.05.2012
dott. Luca Prola

INSTITUTO DE ESTUDIOS SUPERIORES DANTE ALIGHIERI DE TLAXCALA AC
LICENCIATURA EN IDIOMAS EUROPEOS

MATERIA: HISTORIA DE LA  FILOSOFÍA CONTEMPORÁNEA

4o SEMESTRE

1. La vita
Antonio Gramsci nasce ad Ales (Sardegna) il 22 gennaio 1891. Nel
1911consegue la licenza ginnasiale e vince una borsa di studio che lo porta
a Torino. Dopo aver partecipato a vario titolo alle iniziative del Partito
Socialista della città piemontese nel 1921, precisamente il 21 gennaio, a
causa di divergenze che vedremo fonda il Partito Comunista d'Italia. Nel
1924 viene eletto deputato al parlamento italiano e fonda “L'Unita”,
storico quotidiano italiano.
Viene arrestato nel 1926 a causa delle leggi fasciste contro l'opposizione. Il
27 aprile del '37 muore per emorragia celebrale appena dopo aver
riacquistato la piena libertà. (fonte: www.antoniogramsci.com/)
2. Cenni del suo pensiero
Per affrontare il pensiero di Gramsci non possiamo non partire dal concetto
di democrazia, dalla concezione di questa dipendono infatti la valutazione
del comportamento del partito socialista dell'epoca, il concetto di
Consiglio, il concetto di Partito, il concetto di Dittatura del proletariato,
quello della cultura e del lavoro.
Per Gramsci esistono due tipi di democrazia che sono tra di loro
incompatibili: quella borghese e quella del proletariato. La prima è una
garanzia solo “formale” dei diritti, la seconda invece è di tipo sociale; in
tal modo egli riprende e sviluppa la classica distinzione marxiana tra
democrazia formale e sostanziale. Dice Salvadori: “[...] è un sistema di
libertà che debbono servire al popolo per organizzare una società in cui
siano abbattuti i privilegi sociali [...]”1. Se queste due democrazie, come
abbiamo detto restano tra di loro incompatibili (il PSI verrà criticato dal
fondatore del PCd’I proprio per aver sottovalutato questa incompatibilità)
dobbiamo capire come sia possibile secondo il nostro Autore uscire
dall'una per entrare nell'altra; lo strumento che viene indicato è quello del
Consiglio che più avanti diventerà partito. Vediamone alcune
caratteristiche:
1) il consiglio serve per educare le masse, la rottura con il capitalismo
non deve lasciare alle barbarie... le masse devono essere organizzate.
2) il consiglio serve per educare le masse perché imparino a gestire il
1 M. L. Salvadori “Gramsci e il problema storico della democrazia”, Einaudi, Torino 1970 e 1973 p. 6.
potere politico e organizzare la produzione sociale.
Il dirigente comunista dirà che “il consiglio di fabbrica è […] il modello
dello Stato proletario. Tutti i problemi che sono inerenti all'organizzazione
dello Stato proletario sono inerenti all'organizzazione del Consiglio
nell'uno e nell'altro il concetto di cittadino decade e subentra il concetto di
compagno”2.
Come si vede i concetti di base sono due: l'educazione ed il potere che a
differenza di quello borghese è partecipato; ecco la dicotomia cittadino/
compagno, infatti “l'esistenza del consiglio dà agli operai la diretta
responsabilità della produzione, li conduce a migliorare il loro lavoro,
instaura una disciplina cosciente e volontaria, crea la psicologia del
produttore, del creatore di storia”3.
Prima di procedere è importante capire che cosa per Gramsci significhi
essere rivoluzionario. Se ci soffermiamo attentamente sul linguaggio
gramsciano che abbiamo incontrato prima troviamo le parole educare,
organizzare, responsabilità, disciplina. Queste, come si può immaginare,
non sono parole che richiamano la spontaneità, anzi ne sono l'esatto
opposto: per Gramsci allora “il rivoluzionario è un tipo di politico che si è
impadronito criticamente della conoscenza dei meccanismi sociali e che
può porsi consapevolmente il compito di combattere e distruggere il
capitalismo come sistema di gestione sociale perché è capace di porsi
altrettanto consapevolmente il compito di una nuova ricostruzione
sociale”.4 Il rivoluzionario dunque non è emotivo... non basta partecipare
ad una manifestazione per essere rivoluzionari! E' chiaro allora che con
una concezione del genere temi come scuola, cultura, studio sono tutt'altro
che secondari come vedremo in seguito.
La parola che potrebbe, sin d'ora, sintetizzare il pensiero gramsciano è
organizzazione. E' importante capire allora come la parola organizzazione,
all'interno della Weltanschauung gramsciana, sia passata dall’essere
declinata come consiglio ad essere partito e che cosa sia questo “partito”.
Gramsci coglie, mi sembra, una aspetto importante: il fatto che per
governare davvero i processi produttivi è necessario prendere il potere e,
in quest'ottica, i consigli di fabbrica non sono più sufficienti... devono
diventare partito. E' da notare che, per il nostro autore sardo, la riforma
della produzione è l'unico obiettivo della rivoluzione perché “se la
rivoluzione dovesse fallire nella soluzione dei problemi della produzione,
essa verrebbe a fallire frontalmente, poiché, se anche si conservasse il
2 Ibid., 11-12.
3 Ibid., 12.
4 Ibid., 75.
potere politico, questo non segnerebbe l'avvento di un nuovo modo di
essere della società e acquisterebbe un carattere artificioso, esteriormente
ideologico e politico”5. Sembra una critica a tutti gli abusi che abbiamo
visto compiere da Stalin (qui la questione è più complicata e meriterebbe
un altro convegno) e dal governo cinese dei nostri giorni. Ma torniamo alla
questione del partito: “Il compito del Partito comunista nella dittatura è
dunque questo: organizzare potentemente e definitivamente la classe degli
operai in classe dominante, controllare che tutti gli organismi del nuovo
Stato svolgano realmente opera rivoluzionaria [rompendo le vecchie
regole]. Ma quest'azione distruttiva e di controllo deve essere
immediatamente accompagnata da un'opera positiva di creazione e di
produzione. Se quest'opera non riesce, è vana forza politica, la dittatura
non può reggersi.[...]”6. Dobbiamo ora affrontare due termini centrali nel
pensiero gramsciano: il concetto di dittatura e quello di totalitarismo (che
vedremo in seguito). Il concetto di dittatura in Gramsci non serve a far si
che una minoranza prenda il potere e nemmeno fine a se stessa o come
sintomo di una qualche superiorità; anzi è, paradossalmente, il viatico per
la vera democrazia. Serve a permettere alla nuova classe dominante di
organizzarsi ed a far si che i poteri precedenti non riprendano il
sopravvento. Se abbiamo chiaro questo capiamo perché, per il dirigente
comunista, la dittatura non è l'obiettivo del comunismo, mai!
E' chiaro che questa concezione sembra un po' naif e troppo ottimista ma ci
serve per capire quanto il suo pensiero sia realmente democratico. Troppo
spesso capita di confondere il comunismo ed il fascismo ma, dopo quanto
abbiamo detto, è impossibile!
Credo abbiate capito che il centro del pensiero del fondatore del Partito
Comunista d'Italia è la questione produttiva: egli nota come da una parte la
borghesia italiana stia diventando poco attenta alla produzione e dall'altra
che l'operaio deve sentirsi parte del meccanismo produttivo/decisionale e
non un servo. Se sono veri questi due presupposti non è possibile nessuna
conciliazione, l'Autore considererà i sindacati come una truffa. “[... I
rivoluzionari] vogliono il controllo come arma di battaglia e non come
mezzo di conciliazione”7.
E' ben chiaro come, in un contesto filosofico del genere, teoria e pratica
non possono essere separate, anzi; esse devono essere interdipendenti ma
con la pratica al primo posto cioè, molto marxianamente direi, si ha
l'obiettivo di “[...] costruire su una determinata pratica una teoria che,
5 Ibid. 78.
6 Ibid., 79.
7 Ibid., 129.
coincidendosi ed identificandosi con gli elementi decisivi della pratica
stessa, acceleri il processo storico in atto rendendo la pratica più omogenea
coerente, efficace in tutti i suoi elementi […]”8. La teoria qui ha dunque il
valore di rafforzare la pratica; sembra un ulteriore critica allo
spontaneismo ed anche ad una visione del mondo nella quale la teoria sia
completamente sganciata dalla realtà. Potremmo dire che se la teoria è
l'accelerante dell'esplosione rivoluzionaria, la pratica rivoluzionaria (i
Consigli, il Partito, il Potere) ne è l'esplosivo.
Anche se, come abbiamo visto, l'impostazione gramsciana è
completamente inserita nella teoria marxiana ad essa non risparmia
critiche: per Gramsci Marx è troppo sicuro di sé, troppo fatalista, troppo
convinto dell'inevitabilità della rivoluzione, troppo positivista e dimentica
la parte passionale, la parte viva dei rivoluzionari e delle rivoluzioni; la
spinta umanitaria della rivoluzione russa viene citata dal Gramsci come
esempio di “spinta vitale” essendosi realizzata in un momento
teoricamente non previsto dalla teoria ortodossa del marxismo.
Significativo è, in questo senso, un titolo di un articolo di Gramsci
comparso nel 1918: “La rivoluzione contro 'Il capitale'”9. Althusser
definirà il marxismo di Gramsci come una svolta storicista ed umanista del
marxismo10. La conclusione è dunque “che i canoni de materialismo
storico non sono così ferrei come si potrebbe pensare e si è pensato”11. Si
doveva ripulire Marx da “un'incrostazione” positivistica, ma come? La via
d'uscita che propone Gramsci è chiarissima e lapidaria: ripartire da dove
partì Marx, dai bisogni; è questa, a mio parere, la sintesi della teoria della
prassi proposta dal nostro pensatore.
Sottesa a quanto abbiamo detto sta una forte soggettività, un forte
riconoscimento dell'individualità. L'adesione al partito è dunque personale
e consapevole perché “[...] non è una adesione momentanea agli effetti
contingenti di una linea politica, bensì adesione ad una integrale
concezione del mondo”12. Con queste posizioni Gramsci si schiera contro
l'ipotesi “unionista”, rivendicando l'autonomia del suo Pcd'I ma, per
contro, non va trascurato il fatto che il Partito è “monolitico” ed è l'unico
soggetto che rappresenta la classe operaia; Gramsci ha, non dei tutto a
torto, terrore per le scissioni; vede in queste un'inutile primeggiare del
personalismo a scapito dell'obiettivo più generale: la Rivoluzione.
Emblematica è la posizione che prese sulla questione Trotzkij.
8 Ibid., 207.
9 Ibid., 209.
10 Cfr. ibid., 208-209.
11 Ibid., 213.
12 Ibid., 251-252.
All'opposizione sovietica poneva i rischi di una spaccatura del fronte
rivoluzionario e alla dirigenza del PCUS ricordò quanto Trozkij avesse
fatto per la rivoluzione e quanto le sue domande fossero utili a tutti
rivoluzionari.
Secondo Salvadori possiamo riassumere il pensiero di Gramsci come
segue [leggere pag.259].
Sino ad ora abbiamo chiarito la questione dell'egemonia nelle sue linee
generali: il Potere, il Partito, il Popolo, la Soggettività, la dittatura...
Dobbiamo ora capire come si inseriscono dentro il contesto che abbiamo
sopra delineato la cultura, Gli intellettuali e l'istruzione. Cominciamo
chiarendo il termine “totalitarismo”. Questo termine nella concezione del
mondo gramsciana non significa “dispotico” ma “autonomo”, non
subalterno, una cultura non totalitaria non potrà mai essere dominante. “In
questo senso una filosofia che regga in posizione di dominio non per 'virtù
propria', ma in conseguenza di un monopolio politico e di una repressione
organizza, non solo non può essere 'autonoma' e 'totalitaria', ma all'opposto
è una cultura incapace di essere realmente dominante [...]”13. Secondo
Gramsci due culture “totalitarie” non possono coesistere. Non si fa fatica a
scorgere somiglianze tra il concetto di “totalitarismo” qui esposto ed il
concetto di dittatura/democrazia raccontato in precedenza: sia i concetti
che gli stati non possono stare in piedi se non sono “volontà popolare”.
Anche la “partecipazione” tema importante nell'organizzazione politicosociale
ha la sua declinazione nell'ambito culturale infatti Gramsci parla
spesso di condivisone delle verità nella discussione. “I componenti della
collettività devono […] mettersi d'accordo tra di loro, discutere tra loro.
Deve, attraverso la discussione avvenire una fusione delle anime e delle
volontà.[...] Si può essere intransigenti nell'azione solo se nella discussione
si è stati tolleranti”14.
Concludiamo questo breve excursus sulla filosofia gramsciana affrontando
la questione dell'intellettuale. L'intellettuale “nuovo” sarà sempre in netta
contrapposizione con l'intellettuale “vecchio”, quello borghese... il compito
dell'intellettuale “nuovo” non sarà più quello di mediare con gli
intellettuali di tipo “vecchio”, dirà Gramsci: “Se i nuovi intellettuali si
pongono come continuazione diretta della precedente 'intellighenzia' essi
non sono affatto 'nuovi', cioè non sono legati al nuovo gruppo sociale che
rappresenta la nuova situazione storica, ma sono un rimasuglio
13 Ibid., 270.
14 Ibid., 281.
conservatore e fossilizzato del gruppo sociale superato storicamente ”15.
Anche qui (come in campo politico-sociale) Gramsci teorizza una rottura:
anche nella cultura, per portare a compimento la Rivoluzione e non tornare
indietro, non bastano le riforme; bisogna distruggere e ricostruire. E per
distruggere e ricostruire sono necessarie una buona istruzione ed una
buona educazione all'amministrazione. La cultura, dirà Gramsci, dovrà
sempre essere libera ed in essa dovranno essere rese palesi anche le verità
più scomode, solo con la consapevolezza si potrà passare dalla dittatura del
proletariato alla democrazia, quella vera!
3. Piccola bibliografia
In questa sezione proponiamo una biografia scelta (la bibliografia di
Gramsci è sterminata) dei testi di e sull'Autore di cui abbiamo parlato.
· A. Gramsci, “Quaderni dal carcere”, varie edizioni.
· A. Gramsci, “Lettere dal carcere”, varie edizioni.
· A. Gramsci, “Passato e presente”, Einaudi, Torino, 1974 [1951].
· A. Gramsci, “Note sul Machiavelli, sulla politica e sullo stato
moderno”.
· A. Gramsci, “Il risorgimento”, Editori Riunti, 1974.
· A. Gramsci, “Americanismo e fordismo”, Einaudi, 1978.
Le edizioni indicate sono solo a titolo di esempio. Non si esclude dunque
che dette opere siano apparse in altre edizioni qui non indicate.
Alcuni scritti su Gramsci.
· M. L. Salvadori, “Gramsci e il problema storico della democrazia”,
Viella, 2008.
· G. Vacca, “Vita e pensieri di Antonio Gramsci”, Einaudi, 2012.
Altre informazioni su nuovi testi, attività e convegni gramsciani possono
essere reperiti presso il sito http://www.igsitalia.org/, sito italiano della
International Gramsci Society.
15 Ibid., 285.
Dedico questa relazione al prof. Franco Milanesi non solo perché mi ha
pazientemente aiutato nella nella ricerca del materiale ed ha rivisto il testo
aiutandomi a chiarire i punti oscuri ma sopratutto perché lo considero un
compagno ed un amico, di quelli veri!
LP